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n. 138 del 2 dicembre 2009

Data: 02/12/2009

Il valore aggiunto del nuovo trattato di Lisbona

Il 1° dicembre 2009 è – finalmente – entrato in vigore il tanto atteso Trattato sottoscritto nel dicembre del 2007 a Lisbona che disegna un quadro nuovo di istituzioni, regole e competenze dell'Unione a 27. Sono circa 10 anni che se ne discute cercando di trovare la quadra di un difficile equilibrio tra chi vorrebbe un'Europa più politica con strumenti di sovranità condivisa più efficaci e chi invece, all'opposto, vede l'UE sostanzialmente come un'autorità regolamentare di mercato che si deve occupare anche del commercio internazionale, o poco più.

Naturalmente le cose sono complicate dal fatto che nessuno, anche il più agguerrito euroscettico, pensa davvero che uscire dall'UE sia una buona cosa; anche perché, guardando ai dati e agli ultimi 50 anni di storia europea, l'Europa unita è stato un vero affare per gli europei e ha un bilancio più che positivo in termini di pace, stabilità, tutela di diritti, crescita, sviluppo sostenibile e tenuta dei nostri valori e interessi nel mondo. Il che spiega anche perché da decenni tutti i paesi del continente, appena possono, bussano alla nostra porta e fanno di tutto per entrare, come dimostrano le ondate successive di allargamento e i negoziati di adesioni aperti o da aprire.

Ovviamente non bisogna sedersi sugli allori o sottovalutare il crescente senso di estraneità, talvolta anche di fastidio, che molti nostri cittadini dimostrano nei confronti dell'Europa. Sarà anche in parte colpa di alcuni media o di una classe politica che utilizza, forse un po' superficialmente e irresponsabilmente, la collaudata tecnica del "capro espiatorio" sintetizzabile nella formula "quello che facciamo noi a livello nazionale va tutto bene, se ci sono problemi è invece colpa dell'Europa". Ma va anche preso atto che l'Europa si presenta ancora in parte inadeguata ad affrontare le grandi sfide che ha davanti; e che il senso di lontananza e poca trasparenza e democraticità di cui talvolta i cittadini si lamentano è reale.

Il Trattato di Lisbona è la risposta giusta? In buona parte credo di sì, anche se, naturalmente, molti problemi restano e limiti e imperfezioni legate ad un testo necessariamente di compromesso ci sono. Ma chi considera il nuovo Trattato inutile o fonte di ulteriore burocrazia fa un'analisi grossolana e qualunquista senza entrare nel merito. E il merito è che per chi vuole un'Europa più democratica e vicina ai cittadini progressi ci sono eccome.

Innanzi tutto il Parlamento rafforza ulteriormente il suo ruolo e viene messo in tutto e per tutto sullo stesso piano della cosiddetta "Camera degli Stati", ossia il Consiglio dei Ministri. Il nuovo Parlamento è, difatti, a tutti gli effetti, come un qualsiasi parlamento nazionale, autorità di bilancio e legislatore. E può esercitare un controllo politico reale sulla Commissione nel corso della sua nomina e del suo operato. Se necessario arrivando anche a sfiduciarla.

La sussidiarietà – ossia l'agire a livello decisionale più appropriato e il più vicino possibile ai cittadini – viene indubbiamente rafforzata, anche attraverso un controllo dei parlamenti nazionali e delle regioni. I cittadini possono, con un milione di firme, presentare iniziative legislative. Politiche fondamentali per tutelare i nostri interessi, quali l'immigrazione, la sicurezza o l'energia, diventano comunitarie con pieno coinvolgimento del Parlamento europeo e della Corte di Giustizia. Ci si danno nuovi strumenti per un'azione più efficace nel mondo con l'Alto Rappresentante e il servizio diplomatico comune che coordineranno meglio l'azione europea nelle relazione esterne. Ed è previsto anche una maggiore stabilità dell'agenda politica europea col ruolo di presidente che presiederà e coordinerà i lavori del Consiglio Europeo.

Se ci sarà una vera volontà politica di agire insieme la dove vi è un obiettivo valore aggiunto, la nuova Europa avrà senz'altro strumenti più efficaci e democratici per affrontare le grandi sfide globali che abbiamo di fronte: l'uscita dalla crisi e il rilancio della competitività e della capacità di crescita, soprattutto occupazionale; la lotta al surriscaldamento e la sicurezza energetica; uno sviluppo mondiale più sostenibile e attendo ai paesi più poveri, che è poi anche il presupposto per una vera lotta all'immigrazione illegale.

Carlo Corazza
Direttore della Rappresentanza a Milano


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