English version

n. 25 del 22 novembre 2006

Data: 22/11/2006

Cari lettori L'Europa e il fattore C

Si dice che l'Europa è in crisi, e la ragione e o piuttosto la prova della crisi è stata la bocciatura del trattato costituzionale da parte della Francia (e dell'Olanda, che oggi va al voto politico) nel referendum datato maggio 2005. E' questo il ritornello sicuramente più gettonato che apre ogni dibattito e ogni discussione sull'Europa da un anno e mezzo a questa parte.
La bocciatura della Costituzione al referendum francese viene spiegata con tre motivi principali: il timore dell'invasione da parte dell'idraulico polacco, legato alla liberalizzazione dei servizi proposta all'epoca dalla cosiddetta Direttiva Bolkenstein; la questione della Turchia e della sua adesione nell'Unione europea; e infine le ragioni di politica interna francese, legate alla prospettiva dell'elezione del nuovo Presidente nel 2007, un pò di avversione al presidente in carica Chirac e un pò di voglia di protagonismo elettorale di alcuni possibili candidati socialisti all'Eliseo.
In una sola settimana, quella appena passata, tutti questi tre elementi sono stati, per ragioni diverse e slegate tra loro, smontati. L'idraulico polacco, la cui invasione paventata in seguito all'allargamento del 2004 non si era già peraltro verificata all'epoca, resterà dov'è, perché la versione della Bolkenstein approvata la settimana scorsa dal Parlamento europeo è di parecchio annacquata rispetto all'originale. Il temuto principio del Paese d'origine (secondo il quale all'impresa che va a offrire servizi in un altro paese europeo si sarebbe applicata la legislazione fiscale e sociale del suo paese di provenienza, creando cosi possibili effetti distortivi sui costi) nella direttiva approvata non c'è. E in ogni caso i settori esclusi sono tali e tanti che alla fine parlare di libera circolazione dei servizi sulla base di quel testo è ormai decisamente fuori luogo.
La Turchia, dal canto suo, dovrà aspettare ancora (a lungo?) prima di entrare nell'Unione, come ha riconosciuto la Commissione europea nel suo rapporto annuale sull'allargamento, pubblicato anch'esso la settimana scorsa. E del resto ci si potrebbe interrogare sul grado di europeismo propositivo e partecipativo che anima un Paese, il cui Primo ministro ancora soltanto ieri parla in termini di diktat dell'Ue sulla questione cipriota.
Infine, terza e ultima ragione del NO francese alla Costituzione, l'opposizione al testo dei politici socialisti che cercavano spazio nella corsa verso l'Eliseo. Alle primarie del loro partito sono stati sonoramente sconfitti da Ségolène Royal che tra i cardini della sua proposta politica ha l'Europa, e anche la democrazia partecipativa tanto cara alla Commissione europea e al suo Piano D.
Insomma, si votasse adesso sulla Costituzione europea in Francia, i temi suddetti è che detto per inciso con la Costituzione stessa c'entrano poco o niente e avrebbero un fondamento molto più debole di quanto l'avevano un anno e mezzo fa. E inoltre, la ripresa economica che si sente oggi anche Oltralpe allora non c'era.
Trarre la conclusione che la Francia adesso voterebbe a favore della Costituzione, e che quindi la crisi dell'Europa perderebbe uno dei suoi capisaldi è forse troppo fantasioso. Ci limitiamo a constatare che il referendum francese giunse in un momento sfortunato. Di qui la conferma che è come in ogni cosa all'Europa sarebbe servito un pò più di tempismo, e un pò più di fortuna. Il mitico Fattore C.


•   In questo numero: In evidenza
•   Attualità dalle Istituzioni europee
•   La settimana sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea
•   Appuntamenti sul territorio
•   Europa in corsi: formazione europea
•   Abbiamo letto per voi
•   Fuori dal Palazzo
•   La Redazione


Pagina precedente