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n. 50 del 20 giugno 2007

Data: 20/06/2007

Il Consiglio europeo deve ritrovare lo spirito di Laeken.
Si apre domani un Consiglio europeo atteso da molto tempo, da quando Francia e Paesi Bassi hanno detto no alla ratifica del Trattato costituzionale. Il lavoro della presidenza, che deve chiudere la "partita" del mandato da conferire alla conferenza intergovernativa, è stato significativo e non ha lesinato energie. Angela Merkel vuole l'accordo di tutti per giungere ad un risultato soddisfacente. Naturalmente per contare su un tale consenso è necessario concedere qualcosa rispetto ai risultati ambiziosi raggiunti dal Trattato costituzionale. E quel qualcosa oggi è ancora oscuro.
Sappiamo che si è già rinunciato ai "simboli" dell'Unione per non dare una parvenza di costituzione al nuovo trattato. Sappiamo che si stanno eliminando o indebolendo alcune idee innovative, ma non quali. Insomma, pesano ancora molte incognite. Una su tutte riguarda il metodo di lavoro prescelto. Se nessuno si aspettava di veder nuovamente vivere la Convenzione sull'Avvenire dell'Europa, cer to non poteva immaginare che oggi l'alternativa è quella di cominciare a negoziare sul trattato di Nizza o sul trattato costituzionale. La differenza formale non è di poco conto, poiché nel primo caso si tornerebbe alla tradizionale forma di revisione dei trattati. Nel secondo, si continuerebbe nell'ottica di un nuovo trattato, in tutte le sue modalità possibili (mini trattato, trattato pieno, trattato essenziale.), ma compresa in ultima analisi anche la costituzione europea.
I segnali che ci giungono alla vigilia del Summit non sono incoraggianti. Ci auguriamo che i 18 paesi che hanno ratificato il trattato costituzionale difendano politicamente la loro scelta, resa ancora più evidente dalla firma dei propri responsabili politici il 29 ottobre 2004 in Campidoglio. E che non disperdano un patrimonio così importante ed avanzato per tenere (giustamente) conto di quei paesi che non sentono propria la scelta costituzionale.
Contrariamente, si rischia di mettere indietro le lancette della storia e riportarle alla Dichiarazione di Laeken che come sappiamo aprì una fase particolarmente promettente della storia comunitaria. Speriamo che domani e dopodomani i dirigenti europei si ricordino dello spirito di Laeken e sappiamo ritrovare quella "logica" di miglioramento delle strutture istituzionali dell'Unione europea e di rafforzamento della democrazia che ispirò, in uno slancio di solidarietà comune, tutti coloro che hanno condiviso l'obiettivo politico dell'Unione politica nel 2001.


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