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Ma le ONG in Italia esistono ancora?

Data: 05/05/2016

Un lettore del blog ci ha scritto alcuni giorni fa ponendo una domanda apparentemente banale: “Alla luce della legge 125 che riforma la Cooperazione allo sviluppo, le ONG in Italia esistono ancora?”. La risposta potrebbe sembrare altrettanto banale e scontata: “Certo che esistono, sono quasi duecento le organizzazioni che detengono questa denominazione”. Eppure andando a ragionare sugli effetti della riforma e sulle dinamiche che questa metterà in campo nel settore della Cooperazione la risposta si complica parecchio e potrebbe rivelarsi problematica.

Partiamo dall’inizio, l’espressione “organizzazione non governativa” è stata menzionata per la prima volta nell’ambito delle Nazioni Unite: l’articolo 71 della Carta costituzionale dell’ONU prevede infatti la possibilità che il Consiglio Economico e Sociale possa consultare “organizzazioni non governative interessate alle questioni che rientra nella sua competenza”.
Le ONG sono descritte come organizzazioni non aventi fini di lucro, indipendenti dai governi e dalle loro politiche che ottengono almeno una parte significativa dei loro introiti da fonti private, per lo più donazioni. I due caratteri essenziali per definire un’organizzazione non governativa di cooperazione allo sviluppo, sono quindi costituiti dal carattere privato, non governativo dell’associazione, e da quello dell’assenza di profitto nell’attività. Caratteristica di queste organizzazioni è una forte spinta ideale, finalizzata all’obiettivo di contribuire allo sviluppo globale dei paesi socialmente ed economicamente più arretrati.

In Italia le ONG sono riconosciute già nella legge 49/87 all’articolo Art. 28 (Riconoscimento di idoneità delle organizzazioni non governative). Qui si dice che le organizzazioni non governative, che operano nel campo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, possono ottenere il riconoscimento di idoneità ai fini di cui all’articolo 29 con decreto del Ministro degli affari esteri. Per un certo periodo esisteva un’apposita Commissione per le organizzazioni non governative presso il MAE.
Fino al 31 dicembre scorso effettivamente le ONG erano riconosciute tali e rese idonee dal Ministero degli Esteri con specifici decreti di idoneità. Potevano quindi denominarsi come ONG grazie all’idoneità di organizzazione non governativa che un’istituzione gli dava. Grazie a questa idoneità venivano riconosciute anche come “Onlus di diritto” dall’Agenzia delle Entrate.

Oggi la situazione è un pò cambiata, la legge 125 parla di organizzazioni della società civile e di altri soggetti senza finalità di lucro nominando tra questi anche le ONG al comma 2 dell’articolo 26. La legge prevede la costituzione di un elenco di soggetti pubblicato e aggiornato periodicamente dall’Agenzia che includerebbe le organizzazioni ritenute eleggibili nel sistema della Cooperazione italiana (ONG, cooperative, associazioni, fondazioni, ecc).

Ma torniamo alla domanda del nostro lettore che continua così: “Io faccio parte di una piccola associazione che porta avanti attività di cooperazione con un paese africano e non abbiamo mai avuto l’idoneità ONG ex legge 49/87 dal MAE, ma cosa ci vieta oggi di denominarci come ONG?”. In sintesi il discorso è molto chiaro, un’associazione che fa attività di cooperazione si può autodefinire ONG? e se no, chi deve dargli la “patente” di ONG?

Oggi l’Agenzia per la Cooperazione o il MAECI non daranno più questo patentino venendo a mancare il decreto di idoneità delle ONG ex legge 49/87. I decreti attualmente emessi dall’AICS parlano di “Iscrizione nell’elenco delle organizzazioni della società civile e di altri soggetti senza finalità di lucro di cui all’articolo 26 della legge 125/2014”.


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