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n. 131 del 14 ottobre 2009

Data: 16/10/2009

Green revolution and new business opportunities

Con il possibile crepuscolo del cosiddetto secolo del petrolio che ha condizionato, insieme al gas, la geopolitica e l'economia mondiale, siamo di fronte a una nuova corsa per un'altra forma di oro, non più nero o azzurro ma verde, colore ormai simbolo dell'energia pulita e sostenibile che si rinnova senza esaurirsi. Questa rivoluzione è ritenuta ormai (quasi da tutti) indispensabile per consentire la salvaguardia degli equilibri dell'ecosistema senza escludere, per il futuro, la maggioranza della popolazione mondiale dal livello di qualità della vita da cui da tempo beneficiano i paesi ricchi. Così assistiamo all'evolvere sempre più rapido dell' "economia verde", e di quella che appare sempre più come una vera e propria gara per la leardership, prima di tutto tecnologica, verso le grandi opportunità economiche e occupazionali che stanno emergendo.

Come più volte ribadito dal Presidente Barroso, anche in tempi di crisi i target del 20-20-20 vanno mantenuti, anche in vista dell'ormai vicinissimo appuntamento a Copenaghen. Non solo ricordando che il prezzo del surriscaldamento sarà ben più alto in caso di ulteriori ritardi (secondo il noto Rapporto Stern del 2006 potrebbe arrivare addirittura a un costo del 20% del PIL annuale); ma anche perchè proprio in tempi di crisi puntare sulle green technologies può essere un'ulteriore opportunità per creare fino a 3 milioni di nuovi posti di lavoro e per preparare un'Europa più competitiva. La tesi di Barroso sembra essere ampiamente condivisa a livello europeo, a cominciare dalla Presidenza di turno svedese dell'UE che, nel presentare il suo Programma alla fine di giugno, ha più volte evidenziato lo stretto legame tra investimenti verdi e uscita dalla crisi con un'Europa più forte. E su questa linea sono anche la maggior parte dei leader europei. Del resto, dal sondaggio Eurobarometro sull'attitudine degli europei nei confronti dei cambiamenti climatici (luglio 2009) emerge che, nonostante la crisi, una larga maggioranza continua a considerare il surriscaldamento come un problema molto serio (67%), terzo in ordine d'importanza dopo la fame e la nuova crisi economica.

Ma l'Europa non è l'unica a considerare la rivoluzione verde come via maestra per uscire dalla crisi e affrontare al meglio la competizione globale. Quasi tutte le altre potenze industriali ed economie emergenti sembrano aver imboccato con convinzione la stessa via. I dati sugli investimenti parlano chiaro. Se il 2009 può complessivamente considerarsi anno di consolidamento per le rinnovabili, anche tenuto conto della crisi e dell'abbassamento del prezzo del petrolio, rispetto al vero e proprio tracollo subito da certe attività (ad es. automobilistico), l'economia verde mantiene un trend positivo. Un recente studio elaborato da Deutsche Bank ha stimato che dall'inizio del 2009 la lotta ai cambiamenti climatici è risultata centrale nelle azioni di oltre 250 politiche di sviluppo nel mondo. Nello stesso periodo, la spesa pubblica globale del settore è arrivata a 200 miliardi di dollari. Solo gli USA, con il loro American Recovery and Reinvestment Act, hanno investito quasi 70 miliardi. E il 3 agosto il segretario all'Energia USA Steven Chu ha annunciato un piano da 36 miliardi per finanziare green-energy con prestiti agevolati. Come evidenzia lo studio ONU "Global Trends in Sustainable Energy Investment", il settore dell'energia pulita è quello che ha meglio resistito alla crisi finanziaria, anche grazie alle misure pro-ambiente che rappresentano circa il 6% del totale delle misure anticrisi globali.

Nel 2009 tra gli emergenti solo l'India sembra aver rallentato la corsa alle rinnovabili; al contrario la Cina ha quasi uguagliato gli USA per risorse destinate al settore (rispettivamente 67,2 e 67,8 miliardi di dollari). Giappone e UE si attestano pressoché allo stesso livello (rispettivamente 11,7 e 11,3 miliardi), mentre la Corea del Sud si conferma, in percentuale, il Paese con il pacchetto anticrisi più verde con 7,7 miliardi.

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