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Ngn italiana: alcuni principi condivisi con l'Europa

Data: 24/09/2010

Annunciato un accordo tecnico sul modello di base che dovrebbe consentire all’Italia di raggiungere gli obiettivi definiti dall’Agenda digitale europea, con la metà il dell'utenza domestica fruitrice servizi a velocità superiore ai 100 megabit.

Emanuele Bruno


20 Settembre 2010

Giornate calde per gli operatori delle Tlc italiane e per tutte le istituzioni a vario titolo investite del compito di preparare lo sviluppo delle reti di nuova generazione.

La scorsa settimana si è chiusa positivamente, con una bozza di accordo quadro battezzata dal vice ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani, che riduce la tensione tra i player e ricuce la tela della trattativa.
Ma rimangono in sospeso alcuni problemi ed è lecito chiedersi almeno due o tre cose.

È stata soltanto la possibilità (aleggiata) che prima o poi entrino in gioco i soldi della Cassa Depositi e Prestiti a far convergere su alcuni punti basilari le aziende che fino al giorno prima sembravano schierate su fronti decisamente contrapposti?

È realmente possibile identificare un percorso che tenga insieme gli interessi di Telecom e quelli del forte polo "alternativo" (Aiip, Fastweb, TeleTu, Tiscali, Vodafone, Welcome Italia e Wind), che a metà della scorsa settimana aveva abbandonato il Comitato presieduto da Francesco Vatalaro che doveva fornire supporto all’Agcom in fase di definizione di regole e principi?

Sono in questa contesa chiaramente rappresentati e individuati, a prescindere dagli schieramenti e le dalle lobbies, gli interessi del sistema Paese?

I primi nodi verranno al pettine nei prossimi giorni quando, dopo la pronuncia ufficiale della Ue, l’Agcom dovrà andare avanti con il proprio lavoro "tecnico" di base.

E altri ne emergeranno, molto probabilmente, già al prossimo incontro fissato da Romani (tra due settimane), che comunque ha avuto il merito di sbloccare la situazione.
Ora si parte da alcuni principi condivisi.

Venerdì è stato annunciato un “accordo tecnico sul modello infrastrutturale di base” che dovrebbe consentire all’Italia di raggiungere gli obiettivi definiti dall’Agenda digitale europea entro il 2020: il 50% dell’utenza domestica del nostro Paese abbonata a servizi con velocità superiore i 100 megabit.

È stato stabilito che Governo, enti locali e operatori lavoreranno congiuntamente e saranno condivise le infrastrutture passive.
Su questo fronte è stata vincente l’idea di scegliere una infrastruttura tecnologica tale per cui gli elementi comuni della rete (cavidotti, fibre ottiche spente, collegamenti verticali, ecc.) saranno compatibili sia con la scelta degli operatori "alternativi" che prediligono per portare la fibra nelle case l’architettura Point-to-Point che quella di Telecom Italia che preferisce il Gpon.

Ora c’è da lavorare alacremente sulle questioni più complesse. Come si articolerà (sarà congiunta o meno) l’azione degli operatori nelle zone "grigie", "bianche" o "nere" (con i colori che indicano la presenza o meno di altra fibra e il grado di significatività economica della domanda di connessioni superveloci nei territori)?

Verrà presa in considerazione la possibilità di switchare la rete in rame, per accelerare il processo di conversione del mercato alla nuova tecnologia rendendo più vicino per tutti il break even, ma costringendo Telecom alla rinuncia ad un proprio cespite?

Intanto, per affrontare bene questi e altri temi delicati, al primo incontro si è deciso di procedere al censimento delle “infrastrutture in fibra ottica presenti nel Paese e dei relativi piani di investimento per lo sviluppo delle stesse nei prossimi tre anni”. E solo da una precisa e "neutra" analisi di questo tipo che possono derivare strategie e decisioni di dettaglio a prova di critica.

Sito web: http://www.europarlamento24.eu/01NET/HP/0,1254,76_ART_820,00.html


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