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Made in: la Commissione europea ritira il regolamento

Data: 30/10/2012

Triste epilogo per il provvedimento approvato dal Parlamento europeo nel 2010 e che intendeva dare informazioni trasparenti ai consumatori europei, difendendo anche la produzione interna. Vincono gli interessi dei paesi a vocazione mercantile. I parlamentari italiani: decisione assurda.

Dario Colombo


25 Ottobre 2012


Il Commissario europeo al Commercio Karel de Gucht ha comunicato di aver rinunciato a portare a compimento la proposta di regolamento sul Made in a causa dell'impraticabilità di raggiungere il necessario consenso con gli Stati membri.
Di fatto documento viene ritirato.

La decisione che mette in un cassetto un regolamento approvato dal Parlamento europeo a fine 2010 sta suscitando un ondata polemica presso vari europarlamentari, specie italiani.
Non abbiamo ancora dichiarazioni di Cristiana Muscardini, che fu relatrice del dossier votato in Aula (si veda al seguente link la cronistoria del voto) e che a più riprese ha messo in guardia dall'ostracismo dei paesi a vocazione commerciale: quelli nordici, il Regno Unito, l'Olanda e la Germania.

De Gught si appella anche alle difficoltà che un tale regolamenteo avrebbe incontrato presso il Wto in sede di esame di conformità.

Il regolamento intendeva introdurre l'obbligo di specificare su un prodotto proveniente da fuori l'Ue il luogo di produzione, in modo da fornire al consumatore una chiara indicazione.
Indicazione, ovviamente, premiante per quei produttori europei non avvezzi a delocalizzare, e comunque veritiera in tema di origine del prodotto.

Dure reazioni
Le prime, dure reazioni alla decisione della Commissione sono firmate da Gianluca Susta, Mara Bizzotto, Francesco Speroni e Claudio Morganti.

Susta: la scusa del Wto non regge
Per Gianluca Susta la decisione della Commissione Europea di ritirare la proposta di regolamento sul marchio d'origine sui prodotti extra Ue «è un grave errore perché contraddice i segnali di attenzione che dal Governo europeo vengono a favore del rilancio dell'industria manifatturiera. Avere, poi, preso a pretesto per il ritiro alcune sentenze del Wto, che hanno paventato il rischio che norme simili possano costituire barriere tecniche al libero commercio, senza attendere le decisioni che prenderanno i nostri principali partner e competitor aderenti al Wto stesso, è ancor più inaccettabile». Sia chiaro, prosegue Susta: «la Commissione non è l'unica responsabile di questa amara decisione che mortifica il Parlamento Europeo che nel 2010, a larghissima maggioranza, approvò la proposta di regolamento. La colpa è soprattutto del Consiglio, della maggioranza di blocco guidata da Germania e Gran Bretagna che, ancora una volta, penalizza l'industria manifatturiera europea».
Ma ce n'è anche per i governi italiani «che dal 2005 a oggi hanno guidato il Paese, senza riuscire mai a trovare una mediazione con Gran Bretagna e Germania che consentisse anche all'industria manifatturiera italiana di qualità di vedere riconosciuto a livello legislativo ciò che è previsto in Cina, Usa, India, Giappone, Canada, Australia».

Bizzotto: ne faranno le spese le imprese italiane
Per Mara Bizzotto «a farne le spese saranno ancora una volta le nostre imprese, sempre più esposte alla concorrenza sleale dei paesi asiatici ed extra Ue che continueranno a introdurre, nei nostri territori, merci low-cost e di bassa qualità prive dell'indicazione d'origine».
Anche per Bizzotto «la responsabilità del governo italiano è evidente: non ha saputo, né voluto, difendere gli interessi delle nostre industrie di fronte agli altri Paesi».
L'europarlamentare, anche, trova «scandaloso che la Commissione decida di ritirare il regolamento senza nemmeno consultare il Parlamento Europeo, che già lo aveva approvato a larghissima maggioranza».

Speroni: attacco alle Pmi
Per Francesco Enrico Speroni la rinuncia a portare avanti la proposta di regolamento con cui si sarebbe dovuta rendere obbligatoria l'etichetta di origine sui prodotti provenienti dai Paesi terzi è l'ennesimo caso che dimostra come «l'Ue non sia in grado di tutelare i piccoli e medi imprenditori, che nelle loro aziende si prodigano per sviluppare e produrre prodotti di qualità».

Morganti: uno schiaffo al Parlamento e alla manifattura
Claudio Morganti
, ha definito la decisione «uno schiaffo al Parlamento, l'unica istituzione eletta democraticamente, che si era espressa a favore anche del nostro emendamento sui prodotti semilavorati».
Pure per Morganti la responsabilità è anche del governo italiano, che non ha capito le pressioni affinché si sbloccasse il regolamento: «un altro duro colpo al nostro settore manifatturiero, già stremato dalla contraffazione, e l'ennesima vittoria dei Paesi del Nord Europa».

Sito web: http://www.europarlamento24.eu/01NET/HP/0,1254,73_ART_2190,00.html


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