English version

Liquidare i debiti della Pa: apertura di Bruxelles all'Italia

Data: 19/03/2013

I Commissari europei Rehn e Tajani sul dovuto delle amministrazioni pubbliche alle imprese: pronti a valutare un piano di liquidazione del pregresso rendendo flessibile il Patto di Stabilità. Servono però più informazioni da Roma.


18 Marzo 2013


La Direttiva sui ritardi di pagamento è quantomai centrale: in particolare stabilisce regole chiare in tema di pagamento di beni e servizi acquistati dal settore pubblico.
Tutti gli Stati membri avevano l'obbligo di trasporre e applicare la direttiva a partire dal 16 marzo 2013.
Nella sua trasposizione l'Italia, e non così molti Stati membri, è a buon punto.
Deve chiarire solamente alcuni aspetti tecnici, ma il recepimento c'è.
Va tradotta in pratica.

Con una dichiarazione congiunta, i commissari europei Olli Rehn (Affari economici e monetari) e Antonio Tajani (Industria) si sono proprio concentrati sui debiti commerciali in essere della Pa e sull'applicazione senza se e senza ma della direttiva.

«Ogni Stato membro - hanno detto - deve assicurare la sua attuazione puntuale ed effettiva, al fine di interrompere l'accumulazione di debiti commerciali da parte delle pubbliche amministrazioni, evitando così l'applicazione degli interessi per il ritardo del pagamento previsti dalla direttiva stessa».

Non solo: «la ripresa dell'economia europea deve poggiare sulle solide basi di finanze pubbliche sane. Inoltre, dobbiamo incoraggiare gli investimenti produttivi e ristabilire i flussi di prestito all'economia reale».

E, anche, «dobbiamo anche invertire il declino della competitività industriale europea e dell'occupazione nel settore industriale. L'occupazione nell'industria genera un significativo effetto moltiplicatore sul resto dell'economia, attraverso l'impatto sulla filiera produttiva e sul settore dei servizi».

Fondamentale: «dobbiamo fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per assicurare che le imprese vengano pagate per i beni e i servizi che hanno fornito, anche per rispondere alle attuali esigenze di liquidità».

Applicazione ex tunc vs. ex nunc e il debito pregresso
Detto tutto ciò, Rehn e Tajani fanno notare come la direttiva non si applica automaticamente all'ammontare del debito commerciale pregresso.

Nel caso dell'Italia, in particolare, «le autorità hanno deciso che le nuove regole si applicheranno solo ai contratti conclusi a partire dal 1 gennaio 2013. Una soluzione realistica al problema dell'ammontare di debito commerciale pregresso deve, probabilmente, prevedere un piano di liquidazione avente come obiettivo quello di portare tale ammontare a livelli non attribuibili a ritardi nei pagamenti in tempi relativamente brevi. Questo piano dovrebbe prevedere adeguate misure contro il rischio di comportamenti opportunistici da parte delle pubbliche amministrazioni titolari del debito pregresso».

I fattori attenuanti italiani
La liquidazione del debito commerciale pregresso, insomma, si rifletterebbe in un corrispondente aumento nel debito pubblico.
Mentre il quadro normativo europeo in tema di sorveglianza di bilancio pubblico non prevede speciali trattamenti per specifiche voci di spesa che incidono sul debito e sul deficit, fanno notare Rehn e Tajani, il Patto di Stabilità e Crescita permette di prendere in considerazione fattori significativi in sede di valutazione della conformità del bilancio di uno Stato membro con i criteri di deficit e di debito del Patto stesso.

Un piano di liquidazione
In tale ambito, la liquidazione di debiti commerciali potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti.
La Commissione europea, per voce dei due commissari, è dunque «pronta a cooperare con le autorità italiane per aiutare l'attuazione tecnica del piano di liquidazione del debito commerciale pregresso e accoglierebbe con favore la disponibilità di informazioni più dettagliate ed aggiornate sull'attuale ammontare di tale debito da parte di ogni livello di amministrazione pubblica».

Cozzolino: bel segnale, basta cieca austerità
«È un importante e positivo segnale nella direzione di politiche economiche europee più espansive». Così Andrea Cozzolino nel commentare la decisione, che «è anche figlia della consapevolezza di chiudere la pagina delle politiche di cieca austerità».
Ora, per Cozzolino, «è necessario che in tempi rapidi l’Italia elabori e concordi con l’Europa un piano finanziario, sostenibile, da oltre 70 miliardi di euro».

«Un segnale importante che guarda al rilancio dell'economia reale» anche per Claudio Morganti: «finalmente si dà un po' di respiro alle nostre Pmi. Era ora che Bruxelles si rendesse conto che troppa austerità non paga, meglio tardi che mai. Adesso, però, è necessario agire in tempi brevi».

Sito web: http://www.europarlamento24.eu/01NET/HP/0,1254,72_ART_2379,00.html


Pagina precedente