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Data: 06/06/2013

Diverse sono anche le reazioni sui temi ambientali. Se da un lato c’è l’apprezzamento del riconoscimento che la povertà non può essere eliminata senza affrontare le gravi pressioni ambientali sui sistemi naturali che sostengono la vita umana sul pianeta, dall’altra viene sottolineato il silenzio sull’iniquo e ingiusto accesso alle risorse naturali che svantaggia le comunità di diversi paesi in Africa, Asia e America Latina.

C’è infine il nodo cruciale del partenariato pubblico-privato rilanciato fortemente dal rapporto. Poco si dice su come il settore privato potrà genuinamente essere accountable verso coloro che vivono in povertà. Il rapporto si basa troppo pesantemente su dinamiche di auto – regolazione di poche grandi aziende e non raccomanda un ruolo più forte per una regolazione basata sulla responsabilità e la giustizia sociale.

Insomma questo rapporto prova, ambiziosamente, a risolvere diversi problemi complessi e interconnessi con un’unica ricetta, quello dello sviluppo economico sostenibile. E’ molto lucido nel definire gli obiettivi ma meno chiaro circa il percorso da intraprendere per realizzarli e su ruoli e responsabilità dei diversi attori. Ma il viaggio è ancora lungo, ci sono ancora due anni per negoziare in vista del 2015 a partire dalla prossima assemblea delle Nazioni Unite che si terrà a settembre a New York.


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