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Il Direttore Cantini: Nel campo della cooperazione l’Italia può essere presa a modello

Data: 19/06/2013

Al ministro Giampaolo Cantini, Direttore della DGCS, avevamo chiesto un’intervista alcuni mesi dopo il suo insediamento per conoscere la sua personale visione della cooperazione internazionale e farlo conoscere agli operatori della cooperazione in Italia. Non avendo ricevuto alcuna risposta vi proponiamo un’intervista che il ministro ha rilasciato di recente all’agenzia di stampa Nove Colonne.

Da metà gennaio il ministro Giampaolo Cantini, 56 anni, fiorentino di Borgo San Lorenzo, è direttore generale della Cooperazione Italiana allo Sviluppo. Concluso il “rodaggio”, Cantini – già Ambasciatore ad Algeri e console generale a Gerusalemme – ha accettato di rispondere alle domande di Nove Colonne.

Ministro Cantini, la cooperazione italiana può giovarsi dell’esperienza internazionale del nuovo responsabile della Farnesina, Emma Bonino.
Il ministro Bonino ha una storia personale legata alle grandi tematiche dei diritti umani, della promozione della democrazia, della diplomazia umanitaria, ma è impegno di tutto il governo ridare un ruolo importante e rilanciare la cooperazione, assicurando un flusso di risorse prevedibile e, come è stato scritto nel Def 2013, riprendendo un percorso di crescita graduale che permetta all’Italia di giocare un ruolo importante nelle sedi multilaterali. Un impegno che il governo ha voluto sottolineare con la nomina di un viceministro con delega per la cooperazione, Lapo Pistelli”.

Lei però si trova a gestire i tagli che sono stati decisi negli anni precedenti…
Dobbiamo dare atto al governo Monti di aver già invertito la tendenza con un aumento degli stanziamenti per l’esercizio finanziario 2013. Adesso si tratta di continuare su questo percorso. Il punto più drammatico è stato toccato nel 2012, ora ci stiamo riprendendo. Non è un problema solo di risorse finanziarie, ma anche di riassetto e di riforma della cooperazione, come la ministro Bonino ha detto più volte. Indubbiamente la legge attuale rispecchia un mondo oramai superato come quello della Guerra Fredda e dei blocchi. Sono cambiate tante tematiche e il rapporto tra pubblico e privato. Si è affermato il ruolo della cooperazione decentrata, tutti fenomeni che prima non esistevano o erano più limitati. C’è stato già un dibattito molto importante nella scorsa legislatura in Parlamento sul progetto di legge presentato da due senatori di due parti politiche diverse; ora sono stati presentati nuovi progetti di legge. Questo è il terreno su cui il nuovo governo ha intenzione di impegnarsi, d’intesa con il Parlamento, per varare una legge di riforma della cooperazione”.

Nel corso degli anni la cooperazione è diventata sempre di più un aspetto della politica estera nazionale. E’ un dato che possiamo dare per acquisito?
La cooperazione è stata sempre governata dall’art. 1 della legge 49/1987 che stabilisce proprio il criterio secondo il quale la cooperazione è una componente fondamentale della politica estera e in quanto tale deve avere una collocazione anche istituzionale all’interno del ministero degli Esteri. Su questo mi pare ci sia un consenso piuttosto ampio, anche se non unanime, tra le forze politiche. La componente umanitaria ha un ruolo fondamentale, lo ha sempre avuto. In questo momento pensiamo alla Siria, pensiamo a quello che stiamo facendo per il Mali e il Sahel, pensiamo a regioni ancora molto critiche come Grandi Laghi e Somalia. Per quest’ultimo Paese in particolare si stanno facendo sforzi importanti in sede internazionale per accompagnare il percorso di stabilizzazione e pacificazione, e la cooperazione sostiene questo impegno dell’Italia. Uno dei primissimi atti della ministro Bonino dopo il suo insediamento è stato partecipare alla conferenza di Londra a maggio. Il viceministro Pistelli ha partecipato alla conferenza sul Mali a Bruxelles. Sono teatri su cui c’è un forte impegno del governo e in cui la cooperazione gioca un ruolo essenziale come componente fondamentale della politica estera”.


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