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Diritto di asilo nell'Ue: le conseguenze delle nuove regole

Data: 25/06/2013

In una videointervista Carlo Fidanza spiega la portata delle nuove norme approvate dal Parlamento europeo e cosa comportano per le nazioni di frontiera come l'Italia. E lamenta: «serviva un più alto senso di solidarietà fra Paesi Ue».

Dario Colombo


13 Giugno 2013


Come osserva Carlo Fidanza, a cui Europarlamento24 ha chiesto di commentare l'esito del voto sulle nuove norme in materia di diritto d'asilo nell'Ue, tutti i Paesi dell'Ue sono ora vincolati dal regolamento di Dublino.

«L'applicazione di tale regolamento ha come conseguenza che alcuni Paesi, tra cui l'Italia, debbano trattare un numero di domande di asilo che supera le loro capacità», dato che il nostro Paese, con Malta e Grecia, è la nazione di primo arrivo più scelta da chi richiede asilo e vi arriva per mare.

Solamente in Italia, ricorda, nel 2012 sono state prese 22.160 decisioni. Di queste, 8.260 persone hanno ottenuto una forma di protezione, mentre i restanti 13.900 richiedenti asilo hanno ottenuto il diniego.

Insieme a Marco Scurria Fidanza avrebbe «voluto modificare la normativa nazionale sui ricorsi che già oggi consentono ad un falso richiedente asilo di rimanere in Italia fino al terzo grado di giudizio. Un diritto concesso in Italia ma non in tanti altri Stati europei. Purtroppo con l'accordo di oggi diventa obbligatorio per tutti gli Stati Membri».

E proprio la mancata revisione della clausola di solidarietà del regolamento da parte dei Paesi Ue in un'ottica di reale condivisione degli oneri, il cosiddetto burden sharing, sta a significare, per Fidanza, che viene a mancare quella comunanza tra Stati che invece «dovrebbe essere il presupposto per la creazione di un vero sistema europeo».


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