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Verso i Corpi Civili di Pace

Data: 31/01/2014

L’appuntamento, presso la Camera dei Deputati, dello scorso 22 Gennaio, che le organizzazioni e le reti impegnate sul tema dei Corpi Civili di Pace hanno condiviso con alcuni deputati e senatori dell’inter-gruppo dei “Parlamentari per la Pace”, ha rappresentato un punto di svolta importante di questo annoso itinerario. Convocato all’indomani dell’approvazione dell’ormai noto, forse ancora troppo solo agli “addetti ai lavori”, “emendamento Marcon”, con cui è stato inserito nella Legge di Stabilità, approvata lo scorso 27 Dicembre, per il periodo 2014-2016, uno stanziamento triennale per nove milioni di euro per l’invio di almeno cinque-cento giovani volontari in servizio civile in azioni non-governative di pace, segnatamente all’estero, in zone di crisi e di conflitto, l’incontro istituzionale non è stato un semplice aggiornamento dei “lavori in corso”, bensì un’occasione utile per “misurare” la posta in gioco, interrogarsi sullo strumento prezioso dei Corpi Civili di Pace come dimensione cruciale di una Difesa alternativa, civile e disarmata, e mettere a punto proposte e riflessioni per giungere ad un pieno ed effettivo riconoscimento di tali contingenti civili.

Non intendendo, con questo scritto, fare un resoconto analitico o una “cronaca dei lavori” della giornata, bensì semplicemente offrire alcuni spunti di lettura e riflessione intorno alla questione, si sorvolerà su molte delle ancora più numerose riflessioni offerte al dibattito negli interventi che si sono succeduti. Nondimeno, questa lettura e queste riflessioni sono oggi ancora più stringenti ed esigenti, almeno per tre ordini di ragioni.

La prima: attivare l’attenzione dell’opinione pubblica e in particolare delle diverse espressioni del movimento per la pace e contro la guerra, sui passi avanti compiuti intorno all’elaborazione e alle sperimentazioni per i Corpi Civili di Pace. Al di là della connessione tra Corpi Civili di Pace, Servizio Civile e Difesa Popolare e pur nella variegata articolazione delle implicazioni strategiche ed operative cui questo strumento rimanda, i Corpi Civili di Pace assolvono ad una funzione centrale di autentica cittadinanza democratica, vale a dire mettere a disposizione un impegno costante contro la guerra e di promozione della pace, contro l’escalazione del conflitto e per la prevenzione della violenza. Ciò lo rende strumento di società civile e di chi si batte contro la guerra e per la pace, in tutte le situazioni di minaccia violenta alla relazione sociale, in Italia come all’estero.

La seconda ragione è offerta dalla circostanza dell’approvazione dell’emendamento Marcon, il quale, pur non rappresentando il riconoscimento pieno ed effettivo dei Corpi Civili di Pace e pur non consentendo il dispiegamento di contingenti effettivi di Corpi Civili di Pace nella loro pienezza e compiutezza, costituisce però un passo avanti decisivo: perché consente al Servizio Civile, attraverso queste funzioni, di riappropriarsi della propria missione costituzionale, di difesa civile alternativa al militare e coerente con i compiti di tutela della pace e di promozione della solidarietà sociale, contenuti negli articoli 11 e 2 della nostra Costituzione; e, allo stesso tempo, permette ad alcune centinaia di giovani di formarsi, attraverso la formazione generale e la formazione specifica, messe a disposizione dal servizio civile stesso, ai principi e ai metodi della gestione costruttiva e della trasformazione nonviolenta dei conflitti, entrando in contatto con una esperienza umana e concreta, con un’acquisizione di saperi e consapevolezze, che non potrà che avere grande valenza formativa.
L’art. 1 c. 162 bis della Legge di Stabilità emendata pone le “premesse dell’istituzione di un contingente di corpi civili di pace” mediante la spesa di tre milioni per l’intero triennio 2014-2016 per la formazione di cinque-cento giovani da impiegare “in azioni di pace non-governative in aree a rischio di conflitto o già in conflitto, o in caso di emergenze ambientali”, nell’ambito del servizio civile, per la precisione, “organizzato secondo quanto previsto dall’art. 12 del D.Lgs. 77/2002, che disciplina lo svolgimento del servizio civile nazionale all’estero”. Tale articolo, infatti, ponendo tale misura in continuità con le sperimentazioni, attive sin dal 2004, di caschi bianchi e per il servizio civile all’estero in zone di conflitto o post-conflitto, disciplina lo svolgimento del servizio civile all’estero “anche per brevi periodi e per le finalità previste dall’art. 1, c. 1, lettera e), della legge 6 Marzo 2001, n. 64” vale a dire in particolare: «contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti operanti all’estero».


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