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L'unità Europea n. 2/2014 è ora disponibile

Data: 21/05/2014

Il numero 2/2014 de L’Unità Europea è ora disponibile e liberamente scaricabile all’indirizzo www.mfe.it/unitaeuropea.

“Chiodo e martello” è il titolo dell’editoriale del Direttore Giorgio Anselmi.

"Nel tempo che la verità impiega ad allacciarsi i calzari la menzogna fa il giro del mondo." Le parole di Francesco Bacone ci sono spesso tornate in mente durante questa campagna elettorale per il rinnovo del arlamento europeo – scrive Anselmi. La tavolozza dei colori è troppo povera per poter ricorrere all'abusata formula "ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori." Lorenzo Bini Smaghi ne ha enumerate 33 (33 false verità sull'Europa, il Mulino, 2014), ma ogni federalista potrebbe facilmente allungare la lista. Detto questo, è però nostro dovere chiederci come mai la marea montante dell'euroscetticismo e del populismo stia investendo l'Europa, a tal punto che su di essa si scaricano tutte le colpe e tutte le menzogne. Fermo restando l'insegnamento weberiano che spiegare è ben diverso dal giustificare, la risposta è una sola: questa Unione europea non piace più a nessuno o quasi. Difficile accontentare tutti. Ma è difficile anche scontentare tutti. Ebbene, sembra proprio che l'UE stia riuscendo in questa impresa.

Cominciamo dalla crisi economica. Dire che non s'è fatto nulla sarebbe ingeneroso. Il Meccanismo europeo di stabilita, il fiscal compact e l'unione bancaria, per non citare che i più importanti, sono provvedimenti che vanno nella giusta direzione: impedire la disintegrazione dell'Eurozona, riconquistare la fiducia, evitare futuri shock. A questi si aggiungono le meritorie decisioni della Banca centrale europea. Affermare che basteranno per rilanciare lo sviluppo e l'occupazione è però ingenuo. Il risanamento finanziario è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Se passiamo alla politica estera e al ruolo dell'Europa nel mondo, il panorama è ancora più desolato. Le altre due sponde del Mediterraneo lasciate a se stesse e le ondate di migranti che si dirigono verso le nostre coste ce lo ricordano ogni giorno. Se non bastasse, la vicenda ucraina ha messo in luce ancora una volta un livello di impotenza paragonabile a quello mostrato ai tempi della dissoluzione della ex Jugoslavia.

«Dobbiamo anzitutto guardarci dal cadere, per disgusto dinanzi a certe colossali turlupinature, in un estremismo dottrinario. Nessuno di noi pensa che la Federazione europea debba uscire armata e perfetta come Minerva dal cervello di Giove. Noi sappiamo che il chiodo della Federazione potrà entrare nel durissimo legno delle sovranità nazionali un pò alla volta, con una lunga serie di successivi colpi. Ma noi pensiamo che il martello con cui questi colpi van dati deve essere di ferro, mentre il martello funzionalista è di burro.» Se le parole di Spinelli sono ancora valide, è nostro compito individuare i colpi da assestare nei prossimi mesi ed anni.

Subito dopo le elezioni, si aprirà la partita per la nomina del Presidente della Commissione. Le dichiarazioni di quest'ultimo mese rivelano anzi che la battaglia è già iniziata. Com'è noto, con una campagna partita ancora nel 2009 i federalisti sono riusciti ad ottenere che i partiti europei presentino un loro candidato alla guida della Commissione. Il Consiglio europeo, per bocca del suo Presidente Van Rompuy, ha già detto di voler seguire la vecchia procedura, riservando la scelta ai capi di Stato e di governo e tradendo, almeno nello spirito, le disposizioni del Trattato di Lisbona. L'astronomo Bailly, che presiedeva l'Assemblea nazionale francese, disse all'ufficiale del re che voleva sbarrargli il passo verso la Sala della pallacorda: "Credo che la nazione riunita non possa ricevere ordini." Avranno il coraggio i nostri Bové, Keller, Juncker, Schulz, Tsipras, Verhofstadt di fare altrettanto con i 28 reucci di cartapesta che pretendono di governare l'Europa?

Al nuovo Presidente della Commissione e alla sua compagine si presenterà subito il vero ostacolo che impedisce il governo dell'economia europea. Il bilancio dell'UE, infatti, è già stato deciso nel 2013 per i prossimi sette anni, addirittura oltre la scadenza della nuova legislatura. Peggio: la dotazione finanziaria è stata diminuita e sono stati già definiti i capitoli di spesa, salvo una parziale e limitata revisione prevista nel 2016.
Homo sine pecunia imago mortis, dicevano i medioevali. Un governo legittimato democraticamente, ma squattrinato ed impotente offrirebbe un'immagine non migliore.


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