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Data: 03/06/2014

Lo stesso Petrini contribuisce a questa leadership che progressivamente viene riconosciuta a Barilla nel percorso di elaborazione politica sui temi dell’Expo da quando, nel marzo scorso, è entrato a far parte del board della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition. Il suo applauditissimo intervento all’ISPI però è particolarmente critico a partire dai presupposti. “Il sistema alimentare attuale non funziona” e di questo chiede a tutti di prendere atto. Il tema è la fame da azzerare e non il paradosso fame-obesità che invece è l’assunto del protocollo di Barilla.
Petrini si chiede se “Riusciremo a dare un’anima a questo Expo, un Expo che oggi è senza anima!” e che ci costringe a pagare un “prezzo morale (illegalità) oltre che paesaggistico (utilizzo di suolo agricolo)”. Il fondatore di Slow Food chiede che venga messa al centro la difesa della biodiversità sia da un punto di vista ambientale che sociale con il coinvolgimento dei produttori agricoli e dei loro movimenti (“l’Expo non può essere solo il palcoscenico dell’industria alimentare”) e delle realtà associative che rappresentano le diverse esperienze e modelli di agricoltura a livello mondiale.
E’ chiaro a tutti infatti che se una parte del mondo è sfamata da industrie come la Barilla che producono ottima pasta e deliziose merendine, questo non si può dire per la maggior parte della popolazione del Pianeta che conta quotidianamente sull’agricoltura contadina e familiare.
(Ascolta l’intervento di Carlo Petrini dal minuto 1:17:20 del seguente video)

Ci resta meno di un anno di tempo per diventare #Expottimisti e servono ben altro che le campagne pubblicitarie e l’evangelismo di Expo sulla rete, guidato da blogger prezzolati e web influencer. Certo è più facile esserlo per chi guarda a un ritorno economico dall’evento o alle promesse su occupazione, turismo e ripresa dalla crisi.
Per il terzo settore e il mondo della cooperazione in particolare, l’Expo non è mai stato visto come un’opportunità di business ma è stato accolto con favore perché poteva essere una tappa importante per rinnovare l’agenda mondiale sulla sicurezza alimentare e lasciare, come dice Petrini,“qualcosa di buono all’umanità”.

Mentre le procure e le autority vigilano sulla regolarità di appalti e opere, la società civile dovrebbe vigilare su quest’obiettivo, esercitando quel ruolo altrettanto importante che gli anglosassoni chiamano watch-dog, il cane da guardia.


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