English version

Studenti in fuga: Rapporto sull’inserimento lavorativo dei laureati

Data: 10/06/2015

Il Rapporto sulla Condizione occupazionale dei laureati di AlmaLaurea, offre una serie di dati sulla mobilità in uscita dall’università: dalla sede degli studi universitari alla sede lavorativa.

L’indagine mostra che la quota di laureati occupati “stanziali” si attesta al 66% (era quasi l’80% al momento dell’iscrizione all’università): in particolare, il 45% studia e lavora nella stessa provincia, il 21% in una provincia limitrofa. Cresce invece la quota di laureati “mobili” al 34% (era il 20% al momento dell’iscrizione all’università). La quota di coloro che migrano all’estero per lavoro è pari al 7%. L’analisi mostra particolari differenze rispetto al percorso di studi intrapreso:

Discorso a parte merita il nutrito gruppo di laureati che una volta terminati gli studi sceglie di andare a lavorare all’estero (7%) e che risulta assolutamente appagato dalla decisione presa, tanto che la quasi totalità la ripeterebbe. Il motivo per cui ci si sposta è principalmente per la mancanza di opportunità di lavoro in Italia. Ma in quali paesi vanno a lavorare? La maggior parte lavora in Europa (82%); più nel dettaglio, nel Regno Unito (17%), Francia (15%), Germania (12%) e in Svizzera (11%). Seguono Stati Uniti e Belgio (7% per entrambi). Dall’analisi emerge che i laureati che migrano verso l’estero, non solo guadagnano di più degli stanziali, ma sono anche più soddisfatti del lavoro svolto rispetto alla stabilità dell’occupazione, all’acquisizione di professionalità e riscontrano maggiori prospettive di crescita professionale, tanto che il 41% molto improbabile il rientro in Italia, cui si aggiunge un ulteriore 39% che lo ritiene poco probabile; resta pur sempre vero che il 20% non sa esprimere una valutazione.

Pertanto, come ha più volte ribadito AlmaLaurea, la mobilità in sé non è un problema – anzi, come dimostrano le economie dei paesi più avanzati, è un fattore di crescita che deve essere incentivato perché stimola l’efficienza. Ma al “brain drain”, ad oggi, non corrisponde una “brain circulation”, ovvero il nostro Paese, in particolare le aree meridionali, non attira capitale umano altamente qualificato, che in questo modo con il trascorrere del tempo resta sempre più impoverito.


Per ulteriori informazioni potete consultare il seguente link.


Pagina precedente