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L’Agenda 2030 può salvare l’Europa?

Data: 09/03/2016

L’Unione europea sta attraversando un’importante crisi a livello politico. La sua capacità di attuare riforme interne e la sua posizione di potenza mondiale sono gravemente minate da forze centrifughe e il rischio disintegrazione dell’Unione è sempre più alto. Euroscetticismo e populismo abbondano in tutti i paesi; le reazioni ai flussi migratori degli ultimi anni rendono evidente che la solidarietà tra gli Stati membri è ormai un ricordo del passato; la crisi dell’euro ha esacerbato le tensioni sociali e le disparità di potere economico in tutto il continente. L’Europa ha un disperato bisogno di una nuova e positiva narrazione per il suo sviluppo futuro, una storia che coinvolga di nuovo i cittadini europei e presenti l’Europa come una forza costruttiva per lo sviluppo nazionale e per quello globale sostenibile.

Questo è ancora più urgente alla luce dei confini sempre più sfumati tra agende interne ed esterne. Lo sviluppo sostenibile dell’Europa non può essere promosso, né i propri interessi protetti in modo isolato dalla risposta dell’UE alle aspirazioni dei paesi emergenti e in via di sviluppo sulle sfide globali. Il flusso di rifugiati e la cosiddetta crisi migratoria, così come gli attacchi terroristici a Parigi mostrano che la mancanza di una visione di sviluppo sostenibile a livello globale minaccia la pace anche a casa nostra. Inoltre, a causa delle dimensioni del suo mercato e della sua economia, la stabilità interna dell’Europa influenza nel bene e nel male anche i paesi terzi.

E se questa visione di futuro fosse proprio l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile? Se quei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) fossero messi al centro delle politiche interne e non solo esterne? In fondo l’Agenda 2030 nasce proprio come un piano d’azione per le persone, per il pianeta, la pace e la prosperità e riflette a pieno i valori e gli interessi europei fondamentali. In più la portata universale degli SDGs richiederà un cambiamento di approccio alla cooperazione internazionale con un maggior lavoro interdisciplinare che abbracci tutte le dimensioni delle politiche europee interne ed esterne.

L’UE potrebbe essere un vero e proprio acceleratore di questa agenda se solo la mettesse al centro dei propri processi strategici, compresa la strategia in materia di politica estera e di sicurezza (la Strategia Globale UE) e la revisione della strategia Europa 2020 (il nuovo approccio oltre il 2020). Un ruolo di protagonista dell’Europa sugli SDGs favorirebbe sicuramente il successo della loro implementazione sia a livello nazionale che globale.

L’Europa potrebbe essere il luogo dove i capi di Stato e di governo si impegnano congiuntamente per l’attuazione dell’Agenda 2030 e si mettono in campo politiche interne ed esterne coerenti con le sfide universali degli SDGs. Una prima occasione è già fissata per il Forum di alto livello delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile previsto per luglio 2016. Se l’Europa arrivasse a questo appuntamento collegando strettamente il “nuovo approccio oltre il 2020” e la “strategia globale UE” all’Agenda 2030, si tratterebbe di un primo passo importante. Una sfida per la Commissione guidata da Junker e in primis per l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini.


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