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Operare nei centri di detenzione in Libia, la “proposta indecente” del governo alle ONG

Data: 12/09/2017

E’ questa la prima reazione di molti operatori del mondo non governativo alla proposta avanzata dal VM Mario Giro di coinvolgere le ONG italiane in attività nei centri di detenzione libici che possano essere utili a ridurre sofferenze e salvare vite umane delle migliaia di migranti trattenuti nel paese. Non ancora rimarginata la ferita inferta al mondo delle ONG dalla stretta operata dal ministro Minniti e le polemiche sul codice di condotta per le ONG nel Mediterraneo, dopo la collaborazione con la Guardia costiera libica e la riduzione dei flussi verso il nostro Paese, il governo cerca di voltare pagina mandando in avanscoperta il suo rappresentate più “vicino” alla società civile che convoca le ONG lo scorso 7 settembre a Roma.

L’Italia vuole intervenire nei “campi di detenzione” in Libia, attraverso le ONG, per migliorare le condizioni dei migranti trattenuti. Lo ha detto all’ANSA il viceministro Mario Giro, confermando il piano proposto alle organizzazioni. “Tra brevissimo, entro settembre” sarà messo a bando uno stanziamento di 6 milioni di euro della Cooperazione italiana, ha aggiunto Giro, spiegando che “anche le autorità libiche saranno totalmente coinvolte, chiedendo loro di farci accedere”. Il progetto prevede di cominciare a Tripoli, per “poi allargarsi” ad altre parti della Libia, “prima fornendo aiuti dall’esterno, con cibo, beni di prima necessità, kit medici, coperte, materassi e letti, per poi piano piano mettere un piede nella porta” dei campi, “fino ad arrivare a gestirli”, ha spiegato il viceministro. “Ci sono però due condizioni: che sia garantita la sicurezza e che le autorità libiche concedano i permessi”, ha sottolineato Giro, precisando che “c’è un negoziato in corso”.

All’incontro svoltosi al MAECI con il VM Mario Giro e la Direttrice dell’AICS Frigenti hanno partecipato le reti di rappresentanza delle ONG oltre che diverse singole organizzazioni. Si è parlato nello specifico di una dotazione per la Libia di 9 milioni di euro ai quali dovrebbero aggiungersi ulteriori 2 milioni del Piano Africa. 4,5 milioni sarebbero già stati assegnati alle organizzazioni internazionali (OMS, PAM, UNICEF e UNOPS). A breve l’AICS promuoverà un bando per i rimanenti 6,5 milioni con la procedura ordinaria dei progetti di emergenza. L’obiettivo del bando sarebbe quello di sostenere attività nei centri di detenzione per implementare quelle attività utili a ridurre sofferenze e salvare vite umane.
A partire dal 10 settembre sarà inviato a Tripoli un responsabile dell’ufficio di Tunisi dell’Agenzia per la Cooperazione allo sviluppo.
I centri di transito sono al centro dell’attenzione anche per le Nazioni Unite. Ghassan Salamé, inviato Onu per la crisi in Libia, ha fatto sapere che entro fine settembre verranno inviati in Libia circa 250 caschi blu.

Il primo a rendersi conto della “proposta indecente” è proprio il VM Giro che ieri ha pubblicato un post dal titolo “Per le Ong entrare nei centri di detenzione ora non è rinnegarsi”. “Mi rendo conto che c’é chi ha la percezione che entrare nei centri di detenzione libici, dopo aver lasciato la gestione dei migranti e richiedenti asilo alla guardia costiera libica, possa apparire come una retromarcia, un accontentarsi. Rispetto le posizioni di chi, come MSF, rimane fermo sulla posizione di principio, vista la situazione che si è creata. Ma penso allo stesso tempo che qualcosa bisogna tentare di fare: non possiamo lasciare queste persone al loro destino. La denuncia va bene, ma non deve diventare una rinuncia. E se c’è qualcosa da obiettare, occorre dirlo, discutere, dialogare senza timore. Nessuno cede a nessuno: cerchiamo solo il modo possibile di stare vicini a chi soffre”.

Ed è proprio da MSF che arriva il primo rifiuto deciso. “Capiamo la sensibilità del ministero degli Esteri, che pensa alle ONG per gestire i campi in Libia, ma lì operiamo già autonomamente. Non vogliamo farci finanziare da chi genera il problema: sarebbe un controsenso”, così ha dichiarato il responsabile Advocacy Marco Bertotto.

Inutile dire che a molti la proposta suona strumentale, un tentativo di caratterizzare con sembianze umanitarie l’intervento in Libia, che presto sarà un vero e proprio intervento militare con il dispiegamento di forze ONU, oltre alla già presente missione EUBAM Libia. La connotazione umanitaria sarebbe garantita dall’OIM (per i rimpatri), dall’UNHCR (al quale è stato chiesto di prendere in gestione i centri) ed dal coinvolgimento delle ONG.


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