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Data: 09/10/2017

Una fusione riuscita fra ONG, senza dover essere necessariamente conseguenza di una debolezza di qualche natura, può essere un’opportunità di rinnovamento tanto per la più grande (che fondendosi con un’associazione minore può radicarsi in modo più capillare sul territorio), quanto per la più piccola (che può aver voce e operare in un contesto più strutturato e stabile o ad esempio entrare a far parte di realtà internazionali così da poter arrivare in consessi e piattaforme alle quali non avrebbe altrimenti accesso).
In questo modo, una fusione, realizzata nel rispetto della vision e la mission di due entità non-profit che agiscono su livelli diversi e nel rispetto dei diritti di entrambe, lontano dal costituire una semplice addizione di due realtà o un modo per oscurare le ONG più deboli, può costituire un valore aggiunto reale, canalizzare nel giusto verso le forze in campo nel terzo settore ed essere una valida risposta alle sue sfide. Le organizzazioni coinvolte quindi non intraprendono un semplice percorso di unione o fusione, ma trovano una nuova forma nella reciproca complementarietà, per dar vita a una realtà nuova e comune, in grado di avere più impatto.

Ma in Italia, Paese che più di altri soffre di una atavica difficoltà nel mettersi insieme, ci sono ONG pronte a rinunciare ad un pezzo di sé, per intraprendere un percorso di trasformazione e di unione, per raggiungere in maniera più efficiente ed efficace la propria missione?

Cosa ne pensi?
Abbiamo pensato anche su questo tema di sentire cosa ne pensano gli operatori del settore, in particolare quelli che operano nelle ONG. Vi proponiamo un breve questionario online con l’obiettivo di raccogliere i diversi punti di vista e poter visualizzare statisticamente le opinioni a riguardo.

Partecipa al survey.


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