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n. 85 del 4 giugno 2008

Data: 05/06/2008

L'Europa non vuole diventare un super Stato ma fare bene le cose per cui serve

In questi giorni mi è capitato di leggere alcune affermazioni di esponenti politici da cui sembrava emergere il timore di un'Europa in cerca di continui trasferimenti di sovranità, come una sorta di grande burocrazia lontana – anche geograficamente - dai cittadini che vuole espandere i propri poteri non si sa bene perché.

Sono profondamente convinto che questa visione dell'Europa, che è emersa talvolta anche in altri Stati membri, spesso in occasioni di dibattiti legati alla ratifica – anche per via referendaria – dei Trattati europei, è frutto di paure e pregiudizi in buona parte infondati.

E' innegabile che il processo di integrazione europea si basi su importanti trasferimenti di sovranità a livello comunitario. Ma questi trasferimenti non sono legati alle ambizioni di una specie di mostro burocratico assettato di sovranità popolare, ma di un metodo moderno e vincente per affrontare la realtà e la sua crescente complessità: se da solo come regione o Stato nazionale non sono in grado di risolvere un problema che è comune anche ad altre regioni e Stati, allora devo trovare un metodo per affrontarlo e risolverlo collaborando con chi ha il mio stesso problema.

E questo metodo comune è proprio la grande invenzione dei padri fondatori del processo comunitario grazie al quale gli Stati nazioni europei sono usciti dalle loro contrapposizioni storiche anche legate al controllo di mercati e materie prime considerate vitali. Questo metodo, al di la di ogni retorica, ha garantito pace, stabilità, democrazia e benessere all'Europa negli ultimi 50 anni.

In altre parole, i trasferimenti di sovranità sono serviti ad avere il primo mercato al mondo fondato su libertà economiche, regole di concorrenza e norme e standard armonizzati, una politica commerciale comune che ci consente un peso che nessun singolo stato si sognerebbe di avere e una politica ambientale, di lotta ai cambiamenti climatici e dell'energia che non avrebbe alcun senso fare a livello nazionale (se non altro perché le emissioni e l'acqua non si fermano ai confini); per cui il peso negoziale dell'UE in questi settori è un'arma indispensabile per tutelare gli interessi dei nostri cittadini.
Potrei fare altri facili esempi.


Carlo Corazza
Direttore della Rappresentanza a Milano


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