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I negozi di App e il fattore 30% al vaglio dell'Europa?

Data: 08/03/2011

Vendere contenuti via Web: Costantino Brachini di 3WLab chiede regole per ripristinare un'equazione che pare saltata.

Emanuele Bruno


23 Febbraio 2011

Dopo le attenzioni delle authority belga e francese ora il nuovo servizio di abbonamenti di Apple per l’acquisto di riviste, giornali video e musica sul proprio App Store è nel mirino delle Autorità antitrust americane ed europee.

Ci si chiede da più parti, gli editori come gli sviluppatori di software, come già raccontato da Europarlamento24, se è lecito, senza che questo configuri un abuso di posizione dominante, che Apple trattenga per sé il 30% di tutte le transazioni che devono passare obbligatoriamente attraverso la sua piattaforma e se questa pratica non sia anticoncorrenziale.

La percentuale di ricavi, alta, trattenuta da Apple viene considerata, specie per comparti fragili, come un fattore potenzialmente depressivo dei mercati.

Ebbene, secondo molti osservatori è da considerarsi improbabile che le istituzioni regolatrici di Usa e Ue possano pronunciarsi su questo punto, non sentendosi impegnate a intervenire su un fronte, quello dei prezzi, di cui è molto delicato pensare di ordinare le dinamiche.

Il contesto, oltretutto, è quello in cui sia iPhone che iPad sono ancora lungi dal detenere posizioni di netta preminenza sui segmenti del mercato mobile in cui operano.
Oltretutto è noto come Google, altro gigante monitorato dalle authority nazionali e internazionali, abbia appena lanciato un servizio alternativo ad App Store, One Pass, che dichiara apertamente come tra i propri plus ci sia la richiesta di una percentuale pari solo al 10% sulla transazione generata.

Costantino Brachini, amministratore delegato 3WLab, una società che tra le altre attività nel settore It sviluppa pure applicativi destinati alla piattaforma Apple, ha le idee chiare su cosa non va nel sistema.

«Sembrava assodata - commenta Brachini - l'equazione libertà uguale comunicazione, uguale informazione, uguale internet. Ebbene, in questo contesto ideologico ci sono storie che negando questi principi fanno riflettere e sono quasi paradossali. Quando non si fa altro che parlare di liberalizzazioni ecco che un privato che pensa bene di realizzare un ambiente chiudendolo in maniera eccezionale, cercando di controllare tutto quello che succede intorno alla propria piattaforma».

Cosa si aspetta un imprenditore come Brachini dall'Europa? «Regole che riaprano i giochi. Una volta gli equilibri dell’information technology erano tali per cui era chiaro che c’era chi faceva l’hardware, chi il sistema operativo, mentre entità ancora diverse erano quelle che sviluppano applicativi e contenuti. Non è possibile che adesso ci sia una sola entità, Apple, che pensa di poter controllare tutto, influenzando tutti i passaggi».

Brachini considera ammissibile che paghi il servizio a Apple chi non ha un’infrastruttura propria, «ma se io dispongo di un’infrastruttura proprietaria, tarata sulle mie esigenze, perché devo per forza passare attraverso la loro, facendola dialogare con la mia, con un aumento dei costi e accontentandomi di una proposta più standard?».

Brachini si sente tradito. «L'annuncio di lancio di questa piattaforma - racconta il manager - suonava come la liberazione da tutte le filiere di distribuzione del software. I programmatori potranno vendere direttamente agli utenti i loro prodotti, si diceva; e poi anche che le idee circoleranno in maniera più veloce senza costrizione marketing».

E invece la realtà adesso è che «chi ha investito su questa piattaforma si trova a dover condividere i propri profitti con il fornitore, in un rapporto unilaterale che può solo accettare senza discutere».

«Ma la cosa più anomala - conclude - è che l’utente, che poi è il vero perdente in tutta questa vicenda, per accedere a questo fantomatico mondo di libertà deve acquistare, e a caro prezzo, il proprio hardware, inconsapevole che chi glielo vende deciderà esattamente cosa potrà farne in base ai propri interessi. Proprio il contrario di ciò immagina di comprare, ossia la libertà di comunicare».

Sito web: http://www.europarlamento24.eu/01NET/HP/0,1254,76_ART_1375,00.html


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