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L’assenza di compenso non esclude l’intenzionalità di una pubblicità

Data: 14/06/2011

La Corte di Giustizia Ue ha esaminato il caso di una televisione greca per verificare l'applicazione della direttiva televisione senza frontiere a tutela degli interessi dei telespettatori.


10 Giugno 2011

Per garantire un'adeguata protezione degli interessi dei telespettatori la direttiva «televisione senza frontiere» (89/552/Cee) sottopone la pubblicità televisiva a norme minime e di criteri. Fra queste il divieto della «pubblicità clandestina», definita come "la presentazione orale o visiva di beni, di servizi o altro in un programma, qualora tale presentazione sia fatta intenzionalmente dall'emittente per perseguire scopi pubblicitari e possa ingannare il pubblico circa la sua natura".
Si considera pertanto intenzionale una presentazione quando è fatta dietro compenso o altro pagamento.

Il caso in esame
Durante una trasmissione del 2003, andata in onda sul canale televisivo privato Alter Channel, fu presentato un trattamento odontoiatrico estetico, attraverso tre sequenze, prima, durante e al termine del trattamento di una paziente. La condiuttrice parlò con una dentista che disse che tale trattamento costituiva una novità a livello mondiale, fornendo fornite spiegazioni riguardanti l'efficacia e i costi del trattamento.
In seguito l'Esr, il Consiglio nazionale per la radiotelevisione ellenico, inflisse un'ammenda di 25mila euro alla società televisiva Eleftheri tileorasi (che possiede e gestisce il canale televisivo) e al suo presidente e direttore esecutivo, con la motivazione che tale trasmissione televisiva conteneva una pubblicità clandestina.
La tv greca propose un ricorso di annullamento verso la decisione dell'Esr dinanzi al Consiglio di Stato ellenico, che interrogò la Corte di giustizia Ue in merito all'interpretazione della direttiva «televisione senza frontiere».

Il punto era sapere se quest'ultima debba essere interpretata nel senso che l'esistenza di un compenso o di altro pagamento costituisce un elemento necessario per poter ritener provato il carattere intenzionale di una pubblicità clandestina, appellandosi alla non esplicita trasposizione nella legge greca.

La sentenza
Con una sentenza la Corte oggi precisa che, per applicare e interpretare in modo uniforme il diritto dell'Unione, il testo di una disposizione dev'essere interpretato e applicato alla luce delle altre versioni linguistiche ufficiali.
In caso di disparità nella traduzione, la disposizione dev'essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte.
La Corte ricorda che la direttiva mira ad assicurare la protezione degli interessi dei telespettatori e, a tal fine, la «pubblicità televisiva» è sottoposta a norme minime e a criteri.
D'altro canto, la nozione di «pubblicità clandestina» costituisce, rispetto a quella di «pubblicità televisiva», una nozione autonoma che risponde a criteri specifici.
La sua peculiarità consiste nell'essere "fatta intenzionalmente dall'emittente per perseguire scopi pubblicitari".

Sebbene l'esistenza di un compenso o di un altro pagamento costituisca un criterio che consente di ritenere provato lo scopo pubblicitario, dalla formulazione data dalla direttiva, nonché dal sistema generale e dalla finalità di quest'ultima, emerge che uno scopo del genere non può essere escluso in mancanza di un siffatto compenso.
In altri termini, la mancanza di un compenso non può escludere l'esistenza di una pubblicità clandestina.

Inoltre, tenuto conto della difficoltà, o addirittura dell'impossibilità di dimostrare l'esistenza di un compenso o di un altro pagamento con riferimento ad una pubblicità televisiva che presenti peraltro tutte le caratteristiche di una pubblicità clandestina, il fatto di considerare indispensabile l'esistenza di un compenso rischierebbe di compromettere la protezione degli interessi dei telespettatori e potrebbe privare di effetto utile il divieto di pubblicità clandestina.

Come regola, il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all'interpretazione del diritto dell'Unione o alla validità di un atto dell'Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale.
Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.

Sito web: http://www.europarlamento24.eu/01NET/HP/0,1254,76_ART_1598,00.html


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