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2020: torna in auge l'obiettivo di riduzione del 30%

Data: 14/06/2011

A favore si è espressa la Commissione Ambiente del Parlamento europeo, anche se restano tanti nodi da sciogliere.


03 Giugno 2011

Ridurre del 20% le emissioni di Co2 nel 2020, rispetto ai livelli del 1990, è un obiettivo troppo modesto? L'Europa pare sempre più convinta a innalzare la posta in gioco, come conferma la risoluzione votata dalla Commissione Ambiente del Parlamento europeo (44 favorevoli, 14 contrari e un'astensione): entro il 2011, Bruxelles dovrebbe fissare un obiettivo più ambizioso, -30% di emissioni nel 2020, sempre in confronto al 1990.

L'argomento non è certamente una novità, perchè se ne sta discutendo con sempre maggiore frequenza da diversi mesi; eppure è un terreno spinoso, che vede contrapporsi posizioni diverse.
Al verdetto della commissione Ambiente seguirà il voto plenario, previsto per il prossimo 23 giugno nella mini-plenaria di Bruxelles.

Secondo la risoluzione, i 27 Stati membri dovrebbero arrivare a un -25% di Co2 in modo autonomo, con misure adottate entro i confini del Vecchio continente, mentre il restante -5% si potrebbe raggiungere con progetti finanziati in altre parti del mondo.
Ciò dipenderà, in buona parte, dai risultati degli altri due pilastri della politica energetica europea: +20% di fonti rinnovabili e +20% di efficienza energetica. Proprio l'efficienza è l'anello debole della catena, perché sta procedendo a un ritmo troppo lento rispetto alla tabella di marcia per il 2020. Difatti l'Unione europea sta dibattendo se rendere obbligatorio l'obiettivo sul risparmio energetico, come emerso recentemente dalla bozza della nuova direttiva in questo settore.

Diminuire le emissioni del 30%, secondo i sostenitori della risoluzione, sarebbe un passo decisivo verso una politica più lungimirante, che dovrebbe puntare a ridurre i gas serra del 90% circa nel 2050 riuscendo così a limitare l'aumento della temperatura media terrestre a due gradi centigradi, senza effetti devastanti e irreversibili sul clima.

Dello stesso avviso è l'Erec (European renewable energy council) che a più riprese ha evidenziato la necessità di ridurre maggiormente la Co2 rispetto a quanto previsto finora. Grazie anche al rallentamento della produzione industriale con la recessione economica internazionale, infatti, si potrà conseguire il traguardo del -20% con uno scenario “business as usual”, basandosi sul sistema Eu-Ets (Emission trading scheme) per lo scambio di quote e sulla direttiva per le rinnovabili.

Con una marcia in più, invece, si potrebbe aprire un nuovo capitolo quanto a investimenti, aumento dell'occupazione (sei milioni di posti di lavoro potenziali) e della competitività delle imprese europee. L'Erec sostiene anche che l'Europa dovrebbe guardare più lontano sulle fonti alternative, pensando di produrre il 45% dell'energia con le rinnovabili nel 2030. Come afferma una nota dell'associazione europea dell'eolico (Ewea, European wind energy association), la corsa verso un taglio più netto delle emissioni inquinanti è un segnale molto positivo per l'industria “green” europea.

Gli ambientalisti concordano, basta osservare un documento di Greenpeace di alcuni giorni fa, che cerca di sfatare alcuni falsi miti contro la riduzione della Co2. L'associazione ritiene che l'obiettivo del -20% sia ormai anacronistico e che sia urgente definire una politica più coraggiosa, capace di promuovere con più efficacia gli investimenti nelle rinnovabili e nell'efficienza energetica.

Sullo sfondo, come ricorda il sito EurActiv in un'analisi delle scorse settimane, c'è il disaccordo tra il commissario per il Clima, Connie Hedegaard, favorevole a ridurre di più le emissioni, e il commissario dell'Energia, Guenther Oettinger, che invece preferirebbe mantenere l'obiettivo originario per evitare scossoni alle industrie europee, in particolare quelle dei settori “pesanti” come la siderurgia e il carbone.

Sito web: http://www.europarlamento24.eu/01NET/HP/0,1254,75_ART_1583,00.html


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