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Data: 25/05/2012

CdR: un futuro sostenibile anche per la pesca.

È stato adottato all’unanimità dal Comitato delle Regioni e dei poteri locali (CdR) un accordo per le Politiche ittiche comunitarie (CFP) che garantirà uno sviluppo economico–sociale sostenibile del settore. L’iniziativa nel settore era già stata intrapresa dalla commissione europea per raggiungere quegli obiettivi di sostenibilità programmate a lungo termine (entro il 2022) specie in considerazione delle preoccupazioni destate dall’eccesso di pescato pari al 75% del venduto europee rispetto ai due terzi di quello importato. Le misure adottate dalla Commissione non vengono condivise soprattutto dagli Stati che hanno nel settore un’importante risorsa. È stata avanzata l’ipotesi di progetti su scala ridotta per i pescatori costieri e quella di prendere in considerazione l’impatto sociale, economico e di sviluppo delle riforme in via di attuazione rispetto alle comunità costiere. È opinione del Comitato che il CFP dovrebbe lasciare margini di libertà superiori ai pescatori in modo da poter garantire un adeguamento migliore alle riforme. Sul punto, il relatore Mieczyslaw Struk ha sostenuto che: “Sono felice che il nostro rapporto ha dato vigore a una nuova dimensione delle Politiche ittiche, conferendo maggiori poteri di decisione agli enti locali. Secondo la proposta della Commissione europea, avranno maggiori poteri anche i Comitati consultivi nazionali”. Intervenendo sulla questione, il relatore per il Fondo Marittimo e ittico comunitario (EMFF), Pierre Maille, ha condiviso le scelte seguite dal Comitato e ha sottolineato di voler trasferire le stesse identiche posizioni favorendo la trasferibilità delle concessioni, la massimizzazione della produzione, il ruolo e la composizione dei comitati consultivi e nazionali e il riconoscimento delle peculiarità di alcuni Stati. L’intenzione è dunque quella di trasferire queste proposte nel Fondo europeo per la pesca. Ad ogni modo, sussistono ampi margini di discussione fino alla plenaria di Ottobre. (Valeriano Valerio)


Disparità retributive: si mobilita il Parlamento europeo

Secondo i dati Eurostat esiste un divario retributivo medio in UE del 16,3% tra le retribuzioni delle donne e quelle degli uomini. Una situazione ancor più difficilmente accettabile, secondo il Parlamento europeo, se si considera che quasi mai vengono comminate sanzioni ai datori di lavoro che praticano queste differenze. Per questi motivi Strasburgo ha chiesto alla Commissione europea di avanzare una proposta legislativa per eliminare la differenza retributiva di genere. La risoluzione, approvata durante l’ultima plenaria dei giorni scorsi, chiede sia alla Commissione che al Consiglio europeo di rafforzare la legislazione esistente, dotandola di “sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive” nei confronti dei datori di lavoro. Queste dovranno includere multe, sanzioni amministrative pecuniarie e l’esclusione dal beneficio di prestazioni e sovvenzioni pubbliche. L’apparato sanzionatorio particolarmente efficace ai fini dissuasivi, ma dovrà essere applicato in modo stringente. Esiste infatti fin dal 2008 già una direttiva Ue sulla parità di trattamento che prevede l’introduzione di sanzioni dissuasive, ma finora si e’ rivelata inefficace sia perché le legislazioni nazionali non sono state modificate di conseguenza, sia per la mancata applicazione delle stesse sanzioni. (Piero Tatafiore)


Parlamento europeo, Martin Schulz: “basta belle parole. Occorrono misure per il rilancio”

In occasione del vertice europeo organizzato lo scorso 23 maggio a Bruxelles, il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha richiesto che gli Stati membri di proporre delle misure concrete per il rilancio della crescita e del lavoro. “Nella situazione attuale, non possiamo limitarci alle belle parole”, ha spiegato ai capi di Stato e di governo, sottolineando il rischio di un aggravarsi della crisi. Dall’inizio della crisi in ottobre 2008 sono stati organizzati non meno di 24 vertici europei. Nonostante ciò, quello del 23 maggio 2012 è il primo che si concentra sulla crescita, ha sottolineato Martin Schulz. Secondo lui, le misure strutturali e il risanamento dei conti impiegheranno troppo tempo per dare i loro frutti. “Se aspettiamo, le conseguenze economiche e sociali della politica d’austerità minacciano di distruggere l’Unione europea. Ecco perché abbiamo bisogno di crescita oggi”. Rispetto al settore economico, il presidente Schulz ha consigliato agli Stati d’ispirarsi alle proposte del Parlamento europeo: prestiti obbligazionari per modernizzare le infrastrutture e investire nella tecnologia “green” (project bonds); la tassa sulle transazioni finanziarie e le conseguenti entrate; il ricorso a nuovi strumenti finanziari come il microcredito e le collaborazioni pubblico-privato e la ricostruzione di più di 10 miliardi di euro del programma di prestito della Banca europea d’investimento. (Piero Tatafiore)

Sito web: www.aiccre.it


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