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Il pensiero e l’azione, ovvero il coraggio

Data: 07/12/2012

Esperienza: Il pensiero e l’azione, ovvero il coraggio
di Chiara Torassa

In Brasile mi sono sentita a casa dal primo momento che sono arrivata alla stazione di Goias, assonnata e senza capire una parola di portoghese. E questa è una fortuna, visto che qui ci dovrò passare un bel po’ di tempo, lavorando al progetto di cooperazione promosso da Oikos, la piccola organizzazione per cui lavoro da meno di un mese. Ma l’entusiasmo è talmente grande che supero abbastanza facilmente le barriere linguistiche e il lieve panico iniziale e mi butto senza indugi nel cuore caldo del Brasile.

Goias Velho si trova proprio al centro del Brasile, nell’omonimo stato del Goias, circondata dall’immensità del Cerrado e da monti dorati. La città è una perlina, tutta edifici antichi e strade di pietra, l'aria che si respira è autentica e sensuale. La gente gira ancora a cavallo e va a lavorare in calesse, e nelle sere di giugno si ballano quadriglie per celebrare il raccolto.

Niente stona qui. Goias è patria di scrittori e letterati di cui conserva fieramente la memoria ed è sede di un’antica università. ‘Vila Boa’ è anche chiamata, cioè ‘città buona’, e non è un caso.

I paesaggi che disegnano lo sfondo sono seducenti e inebrianti, la terra bruciata è rinfrescata da ruscelli e cascate, e i cieli del blu più intenso che abbia mai visto sono attraversati dal volo dei tucani e dei pappagalli. Qui la Natura esplode in una varietà infinita di frutti succosi, raccolti dai contadini e venduti al naturale o spremuti in succhi che riportano tutto il sapore del sole.

Goias ti entra nella pelle. Me ne accorgo subito e me ne ero già accorta parlando con chi c’era già stato, parlando con Alessandro, che a Goias aveva portato a termine un altro progetto di Oikos, e che ne parla come se ricordasse ogni angolo, ogni pietra e ogni viso, che mi prepara a tutto quello che troverò (l’aiuto più prezioso, visto che scopro con immenso piacere che nessun angolo, pietra o viso sono poi cambiati così tanto) e che non riesce a smettere di soffrire di saudade.

Al di là di tutta la bellezza, però, il vero valore di questo luogo è la gente. Gente che appartiene alla terra e che per la terra è disposta a tutto, gente che è sempre ‘forte e firme’ nonostante le avversità, gente che porta nelle mani e nel coraggio tutto quello in cui credere.

Imparo molto da loro, ogni giorno, per qualsiasi cosa. Imparo a credere nell’ottimismo. Imparo quanta differenza fa rispondere al ‘Come stai?’ con un allegro ‘Joia e beleza’ piuttosto che con il nostro modestissimo ‘Non c’è male’. Purtroppo non imparo a ballare ma imparo che nessuno è troppo vecchio o troppo grasso o troppo impedito per farlo. Ma soprattutto imparo che non è mai quello che abbiamo a fare la differenza, ma è quello che facciamo. Scontato, direte voi, ma forse è questo il suo valore più grande.

Spesso mi capita di ripensare a un verso di Fabrizio De Andrè che dice: “Da adulto avvertire il tempo sprecato a farsi narrare la vita dagli occhi, e non poter bere alla coppa d’un fiato ma a piccoli sorsi interrotti”. Mi sono sempre chiesta chissà quante persone si sentano così e chissà se succederà anche a me un giorno. Ci ripetiamo spesso (almeno io lo faccio) che noi la vita non la vogliamo guardare, la vogliamo vivere!
Eh, facile a dirsi, ma cosa significa poi vivere veramente? Cosa rende una vita davvero speciale? Ho sempre creduto che si debba fare molto, che il tempo sia poco, che l’andare, il conoscere, l’immergersi completamente nelle cose sia il modo migliore, l’unico, per spendere bene il nostro tempo. Ho sempre pensato che si dovesse andare lontano per capirsi, per trovare dei limiti al proprio essere, per darsi un senso. Invece è proprio dal mio andare lontano che ho capito una cosa importantissima: sono le cose che facciamo e l’impegno che ci mettiamo a fare grandi i risultati.

Il mondo è pieno di ingiustizie, di problemi così grandi che ci schiacciano al solo pensarli, ma l’ingiustizia più grande è proprio il pensare di non poter far niente per risolverli. Possiamo fare, possiamo fare tutto.

Vi racconto una cosa. Anche il Brasile è terra di grandi ingiustizie, si sa. Una sola famiglia possiede immensi terreni mentre molti muoiono di fame. Anche qui nel Goias è così. Ma venticinque anni fa un gruppo di famiglie di contadini senza terra si sono unite in una grande rivolta e, a rischio della vita, hanno occupato una fazenda, pieni solo di paura e rabbia ma anche di grandi speranze e di una grande volontà di cambiare le cose.
Hanno resistito parecchie settimane, circondati dalle milizie e minacciati di morte, finché hanno ottenuto la cessione della terra. E da lì, dalla tenacia di questi pochi contadini, altri gruppi hanno preso coraggio, si sono messi in moto e hanno cambiato parte della storia del Brasile. E io li ho guardati negli occhi questi che hanno fatto la rivoluzione, e ho visto gli occhi degli eroi.


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