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L’Italia e la lotta alla povertà: ecco l’identikit dell’aiuto italiano

Data: 12/02/2014

E’ stata presentata la settimana scorsa a Roma l’edizione 2013 dell’annuario della cooperazione allo sviluppo di ActionAid dal titolo “L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo”. Il rapporto ci fornisce ogni anno l’identikit dell’aiuto dell’Italia posizionandolo nel contesto europeo o globale. Da questa edizione Actionaid ha deciso di rinnovare la prospettiva d’osservazione dando spazio anche all’analisi di temi specifici, quali l’immigrazione e i biocarburanti.

Questa scelta, ci spiega Damiano Sabuzi Giuliani (Policy Officer – Aid and Poverty Reduction Programme), risponde all’esigenza di porre l’attenzione su un approccio secondo cui una buona cooperazione allo sviluppo non può nascere che da buone scelte politiche fatte all’interno dei propri confini nazionali con l’orizzonte della coerenza delle politiche.

Ma partiamo dai dati raccolti sulle performance del Donatore Italia. Nel 2011 il rapporto tra l’aiuto pubblico allo sviluppo e il Prodotto Nazionale Lordo (APS/PNL) si assestava sullo 0,20%: un dato, tuttavia, “gonfiato” dalla presenza di un 30% di aiuti destinati all’emergenza a sostegno dei rifugiati nel contesto degli eventi della primavera araba e da un 36% costituito da operazioni di riconversione e cancellazione del debito. Nel 2012, venendo meno queste due voci di spesa, l’aiuto italiano allo sviluppo è sceso allo 0,13% del PNL.

Una tendenza al disimpegno
confermata anche a livello europeo, essendo l’Europa a 27 passata dallo 0,42% dell’APS/PNL del 2011 allo 0,39% del 2012. Rispetto a questa involuzione, l’Italia si aggiudica la maglia nera dei maggiori responsabili del mancato raggiungimento dell’obiettivo europeo dello 0,7%, previsto per il 2015, essendo imputabile per oltre il 24% dell’ammanco previsto per l’ottenimento di quel target. Al contrario dell’Italia, diversi Stati hanno aumentato considerevolmente il loro flusso di aiuto allo sviluppo in relazione al PNL: Lettonia (+17%), Lussemburgo (+14%), Polonia (+14%), Austria (+8%), Lituania (+8%) e Regno Unito (+7%).

Esistono altre contraddizioni che meritano di essere rapidamente affrontate. Ad esempio, a partire dal 2007, l’aiuto italiano si è attestato su livelli di frammentazione dell’aiuto, geografica e settoriale, più alti rispetto a quella europea e alla media del G7. Tra i paesi donatori non c’è nessuno che presenti contemporaneamente risorse così esigue e frammentate come l’Italia. Altro aspetto che richiede una rapida revisione è la prassi di transitare parte degli aiuti attraverso le aziende italiane. L’aiuto legato è in crescita tra il 2008 e il 2011, anno in cui ha toccato il 71% dell’aiuto bilaterale (livello superato solamente dal Portogallo).
Attraverso l’analisi del rapporto emerge, tuttavia, una buona notizia: la destinazione del nostro aiuto in un determinato paese appare constante nel tempo e la volatilità è in riavvicinamento ai livelli europei.

Dal lato della Governance, con la nomina di un Ministro dedicato alla cooperazione nel Governo Monti e un viceministro nel Governo Letta, qualcosa è cambiato. Abbiamo assistito a scelte politiche che hanno segnato una svolta capace di produrre un’inversione di tendenza dal punto di vista quantitativo. La “Legge di Stabilità 2014” ha stanziato per la cooperazione un totale di 241 milioni di Euro per il 2014.
Inoltre, grazie all’approvazione del testo di legge approvato recentemente dal Consiglio dei ministri, i prossimi mesi offriranno l’opportunità di concludere il processo di riforma della legislazione che regola le attività di cooperazione. Una riforma che giudicata ormai ineludibile, sia per motivi storici, sia per dare una nuova solidità istituzionale alla nostra cooperazione.


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