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Valutare l’impatto sociale: necessità o pericolosa illusione?

Data: 03/12/2014

Il tema della valutazione dell’impatto sociale nell’ambito delle ONG e del Terzo settore in generale è di estrema attualità. L’importanza di valutare gli outcomes (e non solo gli outputs), cioè il reale cambiamento prodotto attraverso la propria attività nella comunità in cui si è intervenuti, è oggi sottolineata da persone e negli ambiti più diversi. Parlare di cambiamento “reale” significa uscire dalla logica autoreferenziale nella quale, in buona sostanza, “ce la cantiamo e ce la suoniamo da soli”. Misurare il numero di attività svolte (corsi, conferenze, assistenze domiciliari…), i “prodotti” realizzati (scuole, pubblicazioni, pozzi…) e il grado di soddisfazione dei beneficiari non basta più. Occorre dimostrare in modo trasparente e verificabile come l’azione messa in campo abbia modificato concretamente (si spera in meglio…) la vita delle persone, l’area di intervento o il sistema di welfare nel quale la nostra realtà ha investito tempo, risorse e finanziamenti.

La valutazione dell’impatto sociale ha visto il suo massimo sviluppo in area anglosassone, che per tradizione (a anche con alcuni eccessi…) ha sempre prestato massima attenzione al tema. Non a caso è da quell’area che abbiamo mutuato alcune metodologie e terminologie come SROI – Social Return on Investment e Theory of Change.

Da alcuni anni, infatti, anche in Italia numerose realtà sia in ambito non profit che profit se ne stanno occupando a diverso titolo, tramite ricerche, sperimentazioni, policy paper, corsi di formazione, seminari dedicati. Solo per citarne alcune (ma il numero è decisamente più ampio): il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dell’attuale Governo, la G7 Social Impact Investment Taskforce (il cui Advisory Board Italiano è Giovanna Melandri di Human Foundation), Fondazione Cariplo, SODALITAS, Fondazione Lang Italia, Fondazione Monzino, Banca Prossima, Consorzio Nazionale CGM, IRS-Istituto di Ricerca Sociale, UBI Banca.

Sono nati master universitari con percorsi di approfondimento dedicati a questo ambito in tutta Italia (fra cui spiccano quelli dedicati all’impresa sociale della Bocconi e di Altis, l’Alta Scuola Impresa e Socialità dell’Università Cattolica, unico membro italiano dello Sroi Network . Anche i media iniziano a parlarne, soprattutto quelli con una sensibilità al settore. Fra gli articoli più recenti:
Il bene si può misurare: l’ultima sfida del non profit
Trasparenza e open data i motori dell’innovazione sociale

Come evidenzia l’articolo dell’Avvenire, inoltre, “la Commissione europea ha fissato uno standard per misurare gli impatti di imprese a carattere sociale, che sarà determinante per accedere agli 86 milioni di euro stanziati dal 2014 al 2020 dal nuovo programma Employment and Social Innovation (EaSI) e agli European Social Entrepreneurship Funds (EuSEF), i fondi dedicati all’impresa sociale”.

La valutazione d’impatto sociale è anche uno dei punti cruciali della legge di riforma del Terzo Settore attualmente in discussione (nel disegno di legge delega sulla riforma del Terzo Settore si parla dell’impresa sociale come di un soggetto “avente come proprio obiettivo primario il raggiungimento di impatti sociali positivi misurabili, realizzati mediante la produzione o lo scambio di beni o servizi di utilità sociale”). Alcune Provincie toscane si sono già dotate di un “sistema modulare di valutazione” condiviso d’impatto sociale, dedicato alla Pubblica Amministrazione, al privato sociale e tutte le realtà impegnate nel welfare locale.
In Italia, infine, il tema della valutazione rappresenta una delle aree di novità della nuova Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo (Legge 125/2014) e ritorna in numerosi articoli, fra cui:

Art. 12 - Documento triennale di programmazione e di indirizzo e relazione sulle attivita` di cooperazione, comma 4 :“Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, predispone una relazione sulle attivita` di cooperazione allo sviluppo realizzate nell’anno precedente con evidenza dei risultati conseguiti mediante un sistema di indicatori misurabili qualitativi e quantitativi , secondo gli indicatori di efficacia formulati in sede di Comitato di aiuto allo sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE-DAC). La relazione da` conto dell’attivita` di cooperazione allo sviluppo svolta da tutte le amministrazioni pubbliche, nonche´ della partecipazione dell’Italia a banche e fondi di sviluppo e agli organismi multilaterali indicando, tra l’altro, con riferimento ai singoli organismi, il contributo finanziario dell’Italia, il numero e la qualifica dei funzionari italiani e una valutazione delle modalita` con le quali tali istituzioni hanno contribuito al perseguimento degli obiettivi stabiliti in sede multilaterale.”


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